
Disegno Beatrice Speranza
Tutto cominciava nel petto. Una smania di muoversi le prendeva il respiro e solo dopo arrivava ai piedi. Senza pensarci troppo li lasciava andare e loro disegnavano traiettorie come impronte di vita. Le sue gambe non erano state ferme mai a pensarci bene. Era nata e si era messa a correre. All’inizio era stata l’aria a fare da sfondo alle sue falcate, poi aveva imparato a scrivere la sua vitalità sulla terra. Correva per gioco, correva per amore, correva persino per rabbia. Ah, quanto correva. Correre era quanto di più vicino ci fosse al volo. In quella frazione di secondo in cui i due piedi rimanevano entrambi sollevati dal terreno un brivido la attraversava. Decollava e atterrava. Decollava e atterrava. Decollava e atterrava. Questa la sintesi della sua corsa. Finché un giorno non ebbe più fiato e decise di smettere. Lasciò che fosse il tempo a correre al posto suo. Così si sedette in poltrona facendosi attraversare dai giorni e dai ricordi. Ogni volta i piedi le pizzicavano di piacere al pensiero di quanto avevano scritto. E intanto vedeva gli altri tutti intorno correre per gioco, correre per amore e correre persino per rabbia. Una mattina di sole sentì nel petto quell’antica smania che le prese il respiro, ma stavolta i piedi non si mossero. Eppure lei, felice, volò via.
(Testo scritto per l’opera “Natura, Madre” di Emy Petrini)