
Scrivo questo articolo proprio l’indomani di una brutta figura (per usare un eufemismo), di quelle che si potevano fare, forse, cinquant’anni fa, ma anche allora ci avrebbe fatto inorridire, e che in realtà è stata fatta giusto ieri.
“Sei una donna, non puoi stare qui!”.
Questo il riassunto della triste vicenda che ha colpito Aurora Leone dei The Jackal che, alla cena della vigilia della Partita del cuore, cui era stata ufficialmente convocata, si è sentita dire dal direttore generale della Nazionale Cantanti Gianluca Pecchini che era nel “posto sbagliato” poiché appartenente al genere, verrebbe da dire, altrettanto “sbagliato” e che quindi, ha proseguito il condensato di genio e scaltrezza, non poteva stare seduta con gli uomini, perché le donne non giocano.
Ah, certo. Le donne non giocano, loro fanno l’uncinetto, fanno da mangiare, fanno i figli e fanno girare le palle. Questo è il nostro posto. Non a tavola con soli uomini per una cena di gala dove si fanno i soliti discorsi sul calcio mentre noi, invece, li facciamo solo sullo shopping. Però facciamo anche le pulci, lì siamo bravissime. Non era Rula Jebreal che ha preferito non andare a Propaganda live perché unica donna a un tavolo di solo uomini? Com’è ‘sta storia! Ma allora, il Pecchini della situazione potrebbe chiederci, dov’è che volete stare? Bella domanda, Gianluca. E scusa se ti chiamo per nome, voi non ci siete così abituati, a meno che non ci sia una grande confidenza.
Sai, è un annoso problema quello del “posto delle donne” e tu ci sei cascato dentro. Proviamo a fare l’inventario su dove sia questo benedetto posto delle donne: partirei con la casa e la cucina nella fattispecie, poi c’è la camera da letto per le più audaci, anzi no, solo per farci mettere incinta, scusa. Andiamo avanti, c’è la strada per le poco di buono, di certo non per intitolare vie o piazze, quelle sono solo vostre per la maggior parte. E arriviamo al lavoro per le emancipate – e sconsiderate aggiungo io (che poi trascuriamo la famiglia). Però il lavoro solo se ha a che fare con la comunicazione e con l’accoglienza, qualcosa di affine alla nostra natura mi raccomando, giammai scienziate o ricercatrici che non ci siamo proprio portate geneticamente a quelle materie lì. Quei due cromosomi uguali, eh, che vuoi, qualcosa devono pur voler dire. Siamo una cosa sola. Non possiamo spaziare come voi.
Vedi Gianluca, come te tanti altri hanno provato a rimetterci al “nostro posto”, come se fossimo delle figurine in un album, o il bagno in un locale pubblico, per poi stupirsi, ma neanche troppo, quando avremmo preferito la sedia al sofà, essere chiamate dottoresse e non signorine, o quando siamo andate a fare kitesurf invece di denunciare il nostro stupratore.
Eh, già, non ne facciamo una giusta! Siamo nel posto sbagliato, siamo vestite in modo sbagliato che poi gli si risveglia l’ormone ai Gianluca, siamo precisetti che vogliamo che si dica avvocata, architetta, ingegnera. Ma dai, fatemi ridere, quella professione esiste da prima che una donna avesse l’ardire di svolgerla, vero Gianlu? Ne facciamo sempre una questione di genere, come quando ci fischiano per strada e non è il vigile per farci la multa, o se ci licenziano perché è arrivata la pandemia, che mica è l’arrotino che vuole solo noi, no? Ma poi, che colpa ne avete voi se è arrivato un virus bastardo che ha tolto il respiro in maniera paritaria ma il lavoro soprattutto alle donne?
Ecco Gianlu, la colpa non è solo tua. Per carità! E neanche di tutti quelli che ti somigliano, e ce ne sono. La colpa è anche un po’ nostra, lo ammetto, perché quel posto che voi ci avete assegnato, a volte, ci va un po’ stretto e sgomitiamo per uscire e andare ad occupare quello che ci piace di più, così, random, dimenticandoci però di mandarvici voi in quel posto rimasto vacante, mandarvici a voce alta, scandendo ben bene le parole che non sia mai che veniamo fraintese e dopo che vi ci abbiamo mandato, vi viene in mente di invitarci a cena per chiederci scusa, che voi non volevate, che le donne le amate ne avete anche sposata una, che vostra madre, figuriamoci, se vi ha tirato su così, e ci fate un bel regalino, ci fate all’amore, che noi se non lo facciamo, è risaputo, siamo un po’ nervosette, e ci spiegate finalmente come stanno le cose, anche le nostre. Sì, perché bene come le spiegate voi, nessuno mai. Ecco. A quel tavolo, quello del “te lo spiego io” è meglio che non ci facciate sedere e se distrattamente lo facessimo, qui vale il “ti devi alzare”.
Ma quanti tavoli dovremo ancora sbagliare o disertare perché non se ne parli più del fatto che avremmo o non avremmo dovuto esserci? Quante partite dovremo dimostrare di saper giocare che si tratti di sport, di politica, di moralità o di professionalità per stare un po’ dove ci pare. Anche sul ca**o a volte, perché no. Ma siamo umane, Gianlu. Cosa vuoi farci!