Ogni pedalata un rumoraccio dovuto al copricatena ammaccato. La dinamo che rende il movimento più lento, ma con il premio della luce. È Graziella. Il vezzeggiativo la rende incapace di movimenti bruschi. La radice ne fa un’altruista pura, ma con l’alibi del guizzo creativo che solo la zeta può conferire.
Andandosene all’imbrunire, come ogni giorno da dieci anni, oggi ha urlato “SEI UN POVERETTO”. La pianta di quel piede che la fa sentire indispensabile. Le mani sudate che stringono il manubrio e la fede sull’anulare sinistro che le fa il solletico e che tanto la rassicura. Un’armonia che trova il suo completamento quando con una catena si avvinghia a lui. L’idea d’avere chi sente il bisogno di frapporre un simile ostacolo tra la sua e l’altrui libertà l’ha sempre eccitata, tanto che è solo attraverso quella catena che ha sperimentato la passione.
3.652 giornate trascorse addosso a lui, dalla mattina alla sera, all’angolo tra via XXV Aprile e via Mazzini. Strada trafficata ma fino ad oggi, è giovedì, è aprile e c’è il sole, se lo ricorderà per sempre, Graziella non ha mai temuto di perderlo.
Alto, austero ma capace di illuminare tutt’intorno, è stato urtato ieri da un Maggiolino. Tutte quelle morbide rotondità si sono con voluttà buttate su di lui. Esperienza che lo ha fatto riflettere per una volta non sul nero asfalto, ma sulla sua esistenza, consumata al solito bivio quale sosta obbligata per cani, superficie per graffiti, posteggio di biciclette. Per Graziella, vinta dalle forme di un modello tedesco che con quella traccia di vernice gialla trasferitasi dalla di lei carrozzeria sul di lui fianco, oggi l’amore è svanito. Chissà quante altre mattine dovrà farsi legare al lampione fedifrago senza protestare, adagiata su un lato di quel palo, mentre sull’altro la prepotente traccia gialla le ricorderà per sempre che c’è stata un’altra. “SEI UN POVERETTO” le è proprio uscito dal cuore, perché non si mettono in discussione dieci anni di storia per una curva. O forse sì?