Mi piace ricordare in questi giorni il viaggio bellissimo che Erri De Luca mi ha fatto fare anni fa nella sua Ischia. Io sto con Erri De Luca oggi più che mai.
“Per uno che viene da una città molto stretta, per niente panoramica, come è Napoli nelle sue seconde linee, terze linee di case. Per chi viene da un posto non adatto ai bambini, dove c’era la più alta mortalità infantile d’Europa e poi c’erano i bambini che andavano a lavorare a 5-6 anni, ecco che un ragazzino, un bambino, aveva il privilegio di poter passare dei mesi della sua vita estiva su un’isola davanti: Ischia.”
Comincia così Erri De Luca nella nostra intervista via skype quando decide di portarmi a Ischia, l’isola dei suoi ricordi d’infanzia, l’isola della libertà di cui si dovrebbe nutrire ogni infanzia. Le sue parole sono musica, io che sono una sua grande lettrice e che ho sempre trovato i suoi libri così intensi, adesso che sento la sua voce parlarmi con la stessa intensità, capisco che la sua poesia è nell’anima e non nella tecnica cesellata ad una scrivania. Anche solo il passaggio da una Napoli stretta e buia, ad un orizzonte di luce e libertà, fa odorare tutto di primavera. L’isola che non è luogo di reclusione, ma apertura e il mare è prolungamento dell’anima dove nuotare per conoscersi.
“Sbarcare sull’isola ogni inizio d’estate era incontrare fisicamente la libertà, la libertà di togliersi immediatamente le scarpe, incominciare a camminare scalzi e formare sotto la suola dei piedi il callo necessario a correre persino sugli scogli e poi farsi mutare la pelle dall’attrito del sole e del sale, allora non si usavano tanto le creme e gli oli e quindi avveniva una muta, la pelle cittadina, la pelle coperta dai mesi della città veniva buttata via, spellata, spesso con delle bolle, ma era una trasformazione necessaria, un passaggio, un confine che si superava, era quello della pelle che si ispessiva, si arrossava, si scuriva, si faceva come quella delle castagne, una buccia di castagna. E anche quella era la libertà, l’ispessimento del proprio confine fisico.”
Quando incontro persone che sono in grado di parlare come scrivono, mi emoziono, e Erri De Luca è uno di quelli. Basta prendere un pezzo del libro “Tu, Mio” dedicato all’isola, che subito non ci sono dubbi.
“Ero un ragazzo di città, ma d’estate m’inselvatichivo. Scalzo, la pelle dei piedi indurita come le carrube mangiate sull’albero, lavato all’acqua di mare, salato come un’aringa, un pantalone di tela blu, odore di pesce addosso, qualche squama in giro per i capelli, andatura a passi corti, da barca. In una settimana non avevo più una città d’origine . Me l’ero staccata di dosso insieme alla pelle morta del naso e della schiena, i punti dove il sole si approfondiva fino alla carne.”
Mi parla del mare e della sua potenza, che è qualcosa che attrae e che spaventa. Mi viene in mente un pezzo della poesia di Eduardo de Filippo “O mare”
Io quanno ‘o sento,
specialmente ‘e notte,
cumme stevo dicenno,
nun è ca dico:
“‘O mare fa paura”,
ma dico:
“‘O mare sta facenno ‘o mare”.
Il mare deve fare il suo mestiere: il mare, come dice Eduardo. Il mare che spaventa e che emoziona, che cerca il proprio spazio per sfogarsi contro la scogliera o che accoglie calmo l’isola, la luna e gli amanti. Ischia e il suo mare sono una vera grammatica delle emozioni. Dopo la visita al mare Erri mi porta in vetta all’Epomeo, una colata di “tufo verde” a ricordo che questa terra è stata plasmata dal fuoco del vulcano. Una visita fin quassù non ce la potevamo perdere, perché come dice il nome “Epomeo” che deriva dal greco antico e significa “guarda intorno”, la vista panoramica è strepitosa.
Quanti amanti nella storia si sono dati appuntamento proprio ad Ischia? Se la geografia è complice del cuore allora non ci sono confini. Tra questi Pablo Neruda, che dopo il soggiorno a Capri, immortalato nella pellicola con Massimo Troisi, Il Postino, si spostò a Sant’Angelo d’Ischia con l’amata Matilde. E mentre lei gli insegnava a nuotare, lui componeva L’Uomo invisibile. Anche Erri mi racconta di aver cominciato proprio qui a prendere confidenza con gli abissi, con l’acqua che al largo lo sorreggeva, nuotando verso la libertà. E anche di aver contemplato il mare dall’Epomeo mentre imparava l’amore nelle sue prime esperienze sentimentali. Del resto con tanta magia che ti avvolge, cosa si può fare da queste parti?
Ischia, isola verde, isola dove un ragazzino che poi ha deciso di fare lo scrittore, ha imparato a pescare, a nuotare, a amare. Ogni cosa dentro di lui ha quel sapore, quel colore, quella vivacità che gli si è infilata sotto pelle allora, quando ancora era bambino. Ambientarci un libro era il minimo.
Il viaggio è finito e la sua voce che mi ha accompagnata dal computer, mi sta per lasciare. Per interrompere la comunicazione riprendo sulla mia scrivania “skype” che avevo ridotto ad icona. Appena mi appare la finestra del programma nella sua interezza, mi rendo conto che per tutta la chiacchierata Erri è stato anche in video e io non me ne sono accorta. Che rammarico, penso, per tutto questo tempo, mi sono persa le espressioni del suo viso che avrebbero fatto da cornice alla sua voce. Le parole di Pasolini nel suo reportage sull’Italia, scritte in un albergo ad Ischia, mi sembrano perfette per ringraziare come si deve il mio compagno di viaggio.
“Sono felice. Era tanto che non potevo dirlo: e cos’è che mi dà questo intimo, previsto senso di gioia, di leggerezza? Niente. O quasi. Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo, in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta. Piove. Il rumore della pioggia si mescola con delle voci lontane, fitte, incalcolabili. La terrazzetta, davanti, è lucida di pioggia, e soffia un’aria fresca. Il senso di pace, di avventura che mi dà l’essere in questo albergo nell’interno di Ischia, è una di quelle cose che ormai la vita dà così raramente. È un posto dove mi pare di essere sempre stato. Mi sembra il Friuli, la Carnia, l’Emilia. Solo ogni tanto qualche voce vicina mi ricorda che sono nel Sud. Mi aspetta qualcosa di stupendo: quello che si aspetta quando si è ragazzi, il primo giorno di villeggiatura, e si ha davanti un’estate eterna.”