Ettore e la Paganella. Le Dolomiti raccontate a mio figlio.

Guidare non mi pesa. Davide lo sa. Così decidiamo che sarò io l’autista del ritorno verso casa.

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Guidare poi mi dà anche un po’ di tregua dall’overdose di tecnologia degli ultimi due giorni e mi concilia il pensiero.

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In queste 3 ore che mi separano da Pavia, perché è là, dai nonni, che abbiamo lasciato Ettore e ce lo andiamo a riprendere, cerco di fare un po’ di ordine fra i ricordi. Sono ancora tutti così vicini che a volte fatico a metterli a fuoco. Non c’è traffico, per fortuna. Tutto scorre liscio.

Davide dorme di fianco a me, il cellulare tace, Battisti canta Vento nel vento. Cerco di fare una classifica delle emozioni provate durante il weekend, mi domando se troverò le parole per raccontarle, o meglio, se esistano delle parole che si avvicinino a quanto sentito. Mi rivedo sospesa nell’aria con punte di pino di un colore irreale tra il verde e il blu che bucano lo schermo sotto di me (perché per essere così perfette erano certamente ricreate al computer) e l’interrogativo mi uncina subito l’anima: come si spiega cosa vuol dire volare?

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Neanche il tempo di rispondermi che siamo arrivati. Esco dall’auto, mi sgranchisco le gambe e guardo in alto, verso il terrazzo dei miei suoceri per vedere se c’è Ettore. È la prima volta che lo lasciamo solo per due giorni. Non abbiamo fatto altro che parlare di lui, con tutti. Ho così voglia di rivederlo. E lui c’è, in un’esplosione di gioia mai vista prima. Sembra non essere più in grado di gestire i muscoli della faccia. Ride con la bocca, con gli occhi, col naso, coi capelli. Ci corre incontro ubriaco di noi, del nostro ritorno e ci si butta al collo incondizionatamente. E lì, in quell’abbraccio, mi ritrovo a pensare che volare, forse, è anche questo.

E mentre gli chiedo come sta e di raccontarmi cos’ha fatto, penso che in fondo quello che vorrebbe davvero sapere qualcosa è lui. È lui che “esige” delle spiegazioni per quell’assenza, ingiustificata dal suo punto di vista, di entrambi i genitori. Dove sei stata TU mamma. Cos’hai fatto TU, per essere stata lontana da me tutto questo tempo. E la verità è che sono stata in un posto da favola, un posto che sarebbe tanto piaciuto anche a lui. Così decido di raccontarglielo. A modo mio.

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Milioni di anni fa un piccolo Soffio di vento era stato spettatore di un miracolo della natura. Aveva passato le sue giornate, da che era nato, a giocare con le onde del mare, fra schizzi d’acqua salata e riflessi di luce, per poi ritrovarsi, con l’andare del tempo, ad accarezzare rocce altissime e a far fischiare le fronde degli alberi. Sempre lì, nello stesso posto. Dall’acqua erano cresciute le montagne e lui che aveva sempre fatto suonare gli oceani o le conchiglie sulla spiaggia, adesso cercava il modo di adattarsi ai nuovi strumenti a disposizione. Erano faggi e costoni, gole e foglie. Erano le Dolomiti. Ci volle un po’ per prenderci l’abitudine, ma poi, più vi si infilava, più imparava nuove melodie. Tanto che dopo poco, Soffio di vento divenne davvero orgoglioso della sua nuova orchestra.

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Aveva poi scoperto, passando di picco in picco, che il paesaggio della Paganella era quello che gli dava le più grosse soddisfazioni. Certe giornate si fermava a guardare quelle centinaia di metri di rocce che si erano innalzate dai fondali marini con un po’ di nostalgia, e per farsela passare si metteva a leggerle. Sì, a leggerle. Perché quelle rocce erano come un grande libro dove ogni strato era la testimonianza di una porzione di storia passata, di un’era geologica.

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Il suo rapporto con quei posti e chi li abitava era di grande confidenza. Conosceva la Lince, l’Orso e il Lupo. Volava al fianco del Nibbio, dell’Aquila e del Gipeto. Si posava sui fiori con le api, giocava con i pescatori sul lago di Molveno e si divertiva a rinfrescare gli alpinisti dopo una risalita per quei sentieri mozzafiato.

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Quando vedeva le persone appassionarsi per quel mondo così meraviglioso, si infilava nella loro bocca di nascosto e li aiutava a emettere urli di gioia. Da un po’ di tempo però, Soffio di vento trovava sempre più difficile sorprendere gli umani. Da che era arrivata la tecnologia, infatti, la capacità di farsi coinvolgere dalla natura era un po’ scemata. C’era bisogno di riconciliare il mondo virtuale con quello reale. Perchè ancora prima che lo dicesse l’Unesco, Soffio di vento sapeva che le Dolomiti del Brenta erano Patrimonio dell’Umanità.

Fu così che parlando con la signora Larice, per altro in dolce attesa e perciò molto più sensibile a questioni che riguardavano il futuro, venne l’idea di chiedere aiuto a un gruppo di blogger.

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I blogger sono questa nuova specie di umani-ponte, l’anello in grado di congiungere il mondo reale al monitor di un computer o di un telefonino.

Solo loro avrebbero riportato la gente ad appassionarsi di nuovo al verde brillante di un prato e non a un ritocco in Photoshop, per farla di nuovo urlare di gioia. Era una missione abbastanza delicata, poiché la tecnologia era necessaria, sì, come veicolo, ma molto più importante era il cuore, come contenuto.

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Soffio di vento si riunì con Zio Tweet e gli altri saggi della Paganella e stabilì con loro un programma serratissimo, dove i blogger avrebbero dovuto incamerare emozioni, trasformarle in racconti e suscitare altre emozioni, in una reazione a catena. Un domino di sentimenti che avrebbe dovuto far capitolare anche il più ingrigito degli umani. E la chiamò Missione #paganelladaurlo.

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Tutto cominciò alla nuovissima Dispensa di Molveno. Dal benvenuto delle bollicine ottenute dall’uva che cresce nei dintorni per mano delle storiche Cantine Letrari fino alla Dedica alla mela di fine cena, elogio al frutto sacro di quelle terre, i blogger vennero accompagnati in una fusione graduale, ma totale col territorio. Il Trentino stava bussando con discrezione alla porta della loro anima per farci entrare profumi, sapori, storia e passione e da lì lavorare alla riscoperta dell’urlo. E, infatti, da quel momento non sarebbero stati più gli stessi.

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Finita la sublime cena i blogger si ritirarono nelle loro stanze all’Hotel Du Lac. Tutto era stato studiato nei minimi particolari anche lì. Persino i pesci del lago avevano deciso di lasciare loro un messaggio appeso al muro che li invitava all’amore universale.

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Al mattino le campane del campanile di Molveno diedero la sveglia. Un sole generoso li attendeva per la prima giornata a caccia di emozioni e li attendeva anche del magnifico latte fresco, di quello che solo mucche che pascolano da quelle parti, col sorriso, possono regalare.

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I corpi dei blogger avevano avuto tutto il tempo di entrare in contatto con lo spirito di quei luoghi. La notte aveva portato delle trasformazioni. Il cibo e il vino erano diventati un tutt’uno con ogni loro singola cellula. Si trattava ora di darci dentro con le attività, per imprimere sulle retine e non solo sulle pance, l’impronta della Paganella.

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Soffio di vento, per sua natura, non amava stare coi piedi per terra, ma sapeva anche che i piedi per gli umani erano il contatto con la realtà, appoggio e sostegno per camminare, correre, saltare.

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Aveva deciso che per far capire loro l’immensità di casa sua avrebbe dovuto fargliela osservare dal suo cielo. Una bella camminata verso l’altissimo, quindi, era la cosa giusta da fare.

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L’unico che avrebbe saputo assolvere a questa prima prova era Ivano, un elfo guida della stirpe Trentino Activity che da sempre viveva su quelle montagne e che le sapeva leggere e raccontare come nessun altro. Amico di Soffio di vento, amava ripetergli una filastrocca per prenderlo in giro: “Guardati dal vento, da chi parla lento e da chi è scappato dal convento.” E Soffio di vento ne rideva.

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Ivano, fra storie di orsi e aneddoti su quei picchi incantati, guidò i blogger fino al rifugio Croz dell’altissimo a 1480 mt.

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Prima un piccolo passaggio su cesti di metallo azionati da una macchina e poi gambe in spalla, a percorrere vecchi sentieri dove il bosco, grazie a Soffio di vento, sussurrava antichi segreti. L’aria era frizzante come le bollicine della sera prima e il cuore dei blogger andava sintonizzandosi sempre più al battito del Trentino.

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Soffio di vento vegliava dall’alto, la responsabilità era grande, l’idea in fondo era stata sua. Doveva assicurarsi che tutto andasse per il meglio. Quell’urlo doveva ritrovare dimora nelle bocche degli umani e il contributo dei blogger poteva essere davvero decisivo. La passeggiata con Ivano andò bene.

Dopo quella però c’era la prova nella quale Soffio di vento aveva investito davvero tutto. Non solo perché lo vedeva coinvolto in prima persona, ma anche perché dava modo ai blogger di vedere davvero il mondo dal suo punto di vista: il cielo. Per questa fase della Missione chiese aiuto agli I-Fly Tandem, creature dotate di vela detta parapendio che erano solite librarsi nell’aria.

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Con loro i blogger avrebbero volato. I piedi sospesi nel vuoto dopo la camminata avrebbero avuto così modo di meditare sul piacere di quel suolo, il cuore libero avrebbe ingannato per un po’ la gravità e gli occhi si sarebbero riempiti di aria e colori. Il vento avrebbe danzato con loro e Soffio di vento sarebbe stato pronto a infilarsi nelle loro gole per trasformarsi in urlo di gioia.

Il risultato superò ogni aspettativa. Finito il volo, un silenzio melodioso si impadronì di quella specie ciarliera. Un silenzio riflessivo con vista lago.

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Non c’erano parole per descrivere quanto provato. Giusto il tempo di far scendere fin dentro all’anima quella sensazione per custodirla per bene, che era la volta di una nuova prova. Questa volta si trattava di andare dal mastro alchimista Angelo nel suo laboratorio conosciuto come El Filò a Molveno.

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Angelo trasferì loro l’arte della trasformazione del pane raffermo, mescolato con uova, latte, spek, grana trentino, ma rigorosamente senza farina, in un sorprendente canederlo, cibo in grado di trasferire dell’altra energia al corpo e nuova benzina all’immaginazione.

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Angelo spiegò ai blogger che in quella sfera perfetta si concentrava tutto il sapere di quei posti, un’arte antica del mangiare povero con quanto c’era a disposizione.

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Erano passate solo 24 ore dall’arrivo dei Blogger sulla Paganella e già nell’aria si sentiva qualche urletto in più.

C’era però ancora molto da fare e Soffio di vento sentiva che la Missione #paganelladaurlo avrebbe portato bene.

Domenica era la giornata decisiva. Ci si giocava il tutto e per tutto. Dopo le esperienze coi 4 elementi del giorno prima, la terra della camminata con Ivano, l’aria del parapendio degli I-Fly Tandem, l’acqua del lago di Molveno e il fuoco dell’alchimista Angelo, si trattava di entrare in contatto con i veri abitanti di questi posti: gli animali.

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Il gruppo si trasferì, allora, alla dimora di alcuni di loro che si trovava a Spormaggiore, per fare conoscenza con il Gufo reale e il Gatto selvatico. C’erano anche Vanessa, Sissy e Luna tre lupacchiotte che non appena videro che c’erano degi ospiti si avvicnarono a salutarli. Chi invece non si fece disturbare durante il riposino fu Belle, nonna Orsa di 47 anni, mentre le sue due nipotine, Kora e Cleo, due teenager di 17, non persero l’occasione di farsi avanti e di ricordare a tutti che ci si doveva muovere con discrezione per non svegliarla.

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Ovunque ci si girasse c’erano scivolilingua, corniscivolo e altalenorse pronti ad accogliere bambini di ogni dove.

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E poi il pavone, i pony, i coniglietti e Tom, un porcellino d’India che non smetteva di fare le fusa.

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I blogger avevano ormai superato le prove più difficili. Soffio di vento decise che era giunto il tempo di premiarli con un’esperienza che fosse stata in grado di riunire tutte le precedenti. Qualcosa che fosse stata capace di mettere insieme la terra e il volo, il cibo e gli animali, come tocco finale di quanto sperimentato fin lì.

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E così li condusse a Castel Belfort dove alberi in cornice di Castello, impronte di caminetti che nei secoli avevano scaldato ben 100 famiglie e Gualtiero, un elfo apicoltore, li aspettavano.

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La conoscenza con le api di Gualtiero, insetti magici in grado di tradurre le parole dei fiori in miele per permettere a chiunque di intendere il linguaggio della natura, era quanto di meglio si potesse immaginare per finire in dolcezza la Missione #paganelladaurlo.

C’era il Fuco con gli occhi giganti per poter riconoscere in volo l’Ape Regina.

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C’erano le api carniche dalla tranquillità teutonica, quelle italiane un po’ più pazzerelle e aggressive, e infine quelle austriache grandi produttrici, le mellifere mellifere, di colore più scuro.

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C’era poi il loro miele, condensato di milioni di anni di evoluzione e intelligenza animale, c’era la saggezza di Gualtiero nel raccoglierlo per ristorare corpo e anima degli umani, però solo quello in eccesso, cioè quello che non serviva alla comunità delle api. Un rispetto reciproco ripagato con tanta laboriosità.

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Quando le lingue dei blogger entrarono in contatto con il cucchiaino di miele che Gualtiero consegnò loro, Soffio di vento lesse nei loro sguardi il desiderio dell’urlo. Eccolo che faceva di nuovo capolino l’urlo che s’era perso. Un urlo per ora costretto in un lunghissimo mmmmmmmmmmmmmmhhhhhhhhhhh, visto che le labbra dei nostri erano serrate, intente nel gustarsi quella dolce meraviglia. Soffio di vento capì che la missione stava conducendo i blogger verso una nuova consapevolezza e che sarebbero stati capaci di condividerla col mondo intero.

La missione però era stata impegnativa, questo non lo si poteva ignorare. Per ristorare le loro forze il Filo d’erba a Fai della Paganella era il luogo più adatto.

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Una creatura dei boschi attendeva tutti sul terrazzo e già sapeva cosa sarebbe accaduto. Infatti da lì a poco esplose, con grande soddisfazione di Soffio di vento, l’urlo collettivo. Quello vero.

Ora spettava ai blogger andare e diffondere il verbo. O meglio, l’urlo.

#paganelladaurlo-#bloggerdaurlo 16-06-2013 -

Se dunque anche voi passate dalla Paganella e sentite del solletico in gola, non trattenetevi e urlate, è Soffio di vento che vi è venuto a salutare.

Ettore ringrazia Soffio di vento, i saggi della Paganella e gli impavidi blogger per questa favola. Io e Davide ci uniamo a lui e ringraziamo anche Italia BT che ci ha permesso di viverla.

20 pensieri su “Ettore e la Paganella. Le Dolomiti raccontate a mio figlio.

  1. Valeria ha detto:

    Una favola moderna ! Un viaggio interattivo che ti lascia il gusto del miele in bocca e la leggerezza del Volo ..
    Il piccolo Ettore nn vedrà l’ora di andarci 🙂

  2. Valeria ha detto:

    Una favola moderna ! Un viaggio interattivo che ti lascia il gusto del miele in bocca e la leggerezza del Volo ..
    Il piccolo Ettore nn vedrà l’ora di andarci

  3. Camilla ha detto:

    Era inevitabile che mi commuovessi leggendolo: troppe cose mi legano a questo racconto. La nostra amicizia, un figlio con lo stesso nome e un luogo che per me è casa. Per me la Paganella è famiglia, riposo, radici, mamma, ricordi, amici. L’ho vissuta in modo diverso in ogni fase della mia vita, ma in fondo è sempre stato il mio rifugio. Ti ruberò il racconto, per poterlo leggere ai miei bambini… Grazie Morena!

  4. cristina ha detto:

    Molto emozionante! Viene voglia di tornare per rivivere pari pari questa storia e ripercorrere i tuoi passi. E i tuoi voli. Penso che dovrei recuperare la mappa del tesoro che avevo nascosto, appena bambina, alla Paganella. Eh sì! era un’abitudine mia e di mia sorella Micky , quando si faceva una passeggiata in montagna nei sabati o le domeniche che ancora si passavano coi genitori, nascondere una moneta nella natura che ci accoglieva potente e silenziosa….sotto un sasso, nella crepa di un tronco d’albero; comunque un angolo dove si pensava nessuno l’avrebbe mai trovata se non con la nostra mappa. Era il nostro tesoro! poi si disegnava la mappa – come base di partenza, il cippo che indica l’altitudine o un crocefisso che ricordava per sempre un dolore o una conquista, poi la freccia con ladirezione da percorrere e il numero dei passi da compiere per avvicinarsi al tesoro – si sgualciva la carta e se ne bruciavano i bordi, la si arrotolava e con un filo d’erba la si fermava. Le ho ancora tutte nella casa del lago (Garda, il migliore!) …chissà dove ma potrò trovarle. C’è anche quella del tesoro nascosto sulla Paganella…25 anni fa? forse 30…DA URLO se ritrovassi il nostro tesoro!

  5. Roberta ha detto:

    Spettacolo…siamo in macchina….stiamo andando a Corvara e ho appena letto alla mia piccola Giulia la tua storia!!!!!….strepitosa Morena!!!!!…..promesso ti salutiamo soffio di vento!!!!…tanto sarà lui a trovarci!!!!

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