Massimiliano aveva scoperto che dal suo ombelico spuntava un filo. Aveva provato a tagliarselo, ma il giorno dopo era rispuntato uguale, della stessa lunghezza e della stessa strana composizione. Non sembrava avere niente a che fare col resto del corpo, non era un pelo o un capello, non era di ossa, pelle o tessuto e non aveva sangue.
Era molto più simile a una corda, una corda sottile sottile che però cresceva dalla sua pancia giorno dopo giorno. E quando era un po’ triste o si sentiva giù, la corda cresceva qualche centimetro in più.
A volte se la metteva tra le dita e la suonava. Tutto il suo corpo vibrava, dalla punta delle orecchie alle unghie dei piedi, come se quel filo in realtà tenesse insieme ogni sua cellula. Non ne aveva mai fatto parola con nessuno. Quando era a casa non c’erano problemi, la lasciava libera a terra e se ci inciampava poco male, era roba sua. Il problema era andarci in giro. Il rischio di far cadere qualcuno era molto alto. E poi l’avrebbero preso per un mostro. Così per uscire Massimiliano se la nascondeva sotto ai vestiti.
Finché un giorno bussarono alla porta. Nessuno era mai entrato, ma quella volta successe. Entrò, inciampò e cadde. Massimiliano era sconvolto, non sapeva come scusarsi e più cercava di dare spiegazioni più si sentiva mancare. Si ritrovò a terra, senza forze, diviso in mille pezzi. A quel punto l’ospite prese la corda e cominciò a ricucirlo da cima a fondo. Alla fine dell’operazione di alta sartoria era avanzato solo un piccolo pezzo di corda che Massimiliano arrotolò su uno yo-yo da portare sempre con sé, a memoria di quel regalo così grande ricevuto solo per il fatto di aver aperto la porta.